I pregiudizi sono i driver non consci – stranezze cognitive – che influenzano il modo in cui le persone vedono il mondo. Essi sembrano essere universali nella maggior parte dell’umanità, quasi cablati nel cervello come parte del nostro patrimonio genetico o culturale, ed esercitano la loro influenza al di fuori consapevolezza coscia. Tutte le attività che svolgiamo, dal fare shopping, al conversare o prendere una decisione, si scontrano con i pregiudizi.
Attenzione, quando si parla di pregiudizi non ci si deve limitare alla sola accezione negativa con cui nel pensiero comune vengono identificati.
Nel complesso i pregiudizi sono utili e adattabili, essi consentono alle persone di emettere veloci ed efficienti giudizi e decisioni con un minimo sforzo cognitivo. Sono alla base di quello che comunemente identifichiamo con l’ intuito ovvero, esperienza metabolizzata.
Quando la natura delle decisioni è tale da non poter essere basata sull’intuito, ma ha bisogno di raccogliere e elaborare tipi differenti di informazioni, il pregiudizio rischia di limitare la ricerca/acquisizione di queste nuove informazioni, ed inibire la valutazione di alternative di valore.
In questi casi la maggior parte delle persone si sentono piuttosto confidenti sulle decisioni che prendono, tuttavia lasciamo spesso più della metà del valore (intesa come opportunità) quando prendiamo una decisione. E ciò è particolarmente vero quando la decisione è unica (non si sono esplorate alternative) e quando i risultati sono incerti (ossia le nostre decisioni impattano il futuro).
Le ricerche dicono che la maggior parte delle persone valuta le proprie decisioni dando un voto di 8 su 10. E sulla base della nostra esperienza confermiamo questi valori: quando indaghiamo ulteriormente, i decisori riconoscono che diversi aspetti della loro decisione spesso sono stati trascurati o poco sviluppati e questo porta a prendere decisioni non di qualità.
Per fare una scelta migliore nel nostro mondo reale, iniziamo accettando la nostra natura.
Infatti, è stato ampiamente dimostrato negli ultimi 30-40 anni da parecchi psicologi tra i quali Amos Tversky, Daniel Kahneman che quando un individuo si trova a prendere decisioni in condizioni di incertezza il più delle volte usa un “pensiero intuitivo” facendo ricorso alle euristiche, cioè a scorciatoie mentali maturate nel corso dell’evoluzione, che portano a distorsioni del giudizio (bias) dando luogo a decisioni errate, piuttosto che a sofisticati processi razionali.
- Non possiamo prendere una decisione di qualità utilizzando il solo intuito. La decisione è spesso basata su una irrilevante, inaffidabile o inadeguata informazione a disposizione.
- Usiamo un processo di approvazione (advocacy culture) e assumiamo che l’accordo raggiunto sia di qualità, escludendo a priori le altre alternative. Non sappiamo cosa abbiamo realmente perso
- Non cerchiamo il massimo valore realizzabile, poiché siamo abituati alla sindrome del “good enough” alla prima o alla seconda opzione che ci si presenta
- Indirizziamo il problema in modo non corretto e finiamo per affrontare il problema sbagliato
- I pregiudizi e le false ipotesi sovvertono il pensiero razionale ed analitico
I pregiudizi (bias) cognitivi si formano nella nostra mente in maniera inconsapevole e sono dovuti all’informazione che abbiamo a disposizione (il cervello non riesce a processare tutta l’informazione, ma la filtra) e i pregiudizi motivazionali, dove siamo consapevoli di ciò che ci accade, sono dovuti dalla discrepanza tra ciò che crediamo veramente nella nostra mente e ciò che diciamo.
I principali pregiudizi cognitivi che incidono in modo significativo sulle decisioni che le organizzazioni/ decisori prendono quotidianamente possono essere suddivisi in 4 categorie e ci sono tecniche (DEBIAS) che attenuano o riducono drasticamente questi pregiudizi:
OVERCONFIDENCE
Porta le persone a ignorare informazioni contraddittorie, il che le rende più sicure. Es. ci convinciamo che quest’anno abbiamo una strategia vincente anche se continuiamo a fare praticamente quello che abbiamo sempre fatto.
Tecnica di debias
Limitare gli effetti dell’eccesso di sicurezza costringendo il decisore a considerare downside risk che potrebbero essere stati trascurati o sottovalutati.
Esempi di tali tecniche includono l’uso sistematico di un avvocato del diavolo o simulare uno stato “premortem” (gli individui si proiettano in un futuro in cui la decisione ha fallito e immaginano, cosa fallisce e perché).
CONFIRMATION BIAS
E’ la nostra tendenza inconscia ad attribuire più peso di quanto dovrebbe a un’informazione coerente con le nostre convinzioni, ipotesi e esperienze recenti e a scartare le informazioni che le contraddicono.
Es. quando riunisci un gruppo di persone con esperienze e obiettivi condivisi, di solito finiscono per raccontarsi storie, generalmente favorevoli. Uno studio McKinsey ha riscontrato che l’80% dei dirigenti ritiene che il loro prodotto si distingua rispetto alla concorrenza, ma solo l’8% dei clienti è d’accordo.
Tecnica di debias
E’ possono mitigare i pericoli del Confirmation bias incoraggiando i decisori a prendere in considerazione diversi punti di vista.
Es. organizzare un esercizio formale di pianificazione degli scenari, espandendo la gamma di ipotesi alla base di un piano, o persino una war game, in cui i decisori si mettono nei panni dei loro concorrenti. Uno studio McKinsey sulle decisioni di investimento ha dimostrato che quando una società utilizza una gamma di tecniche di debiasing, il suo ritorno sull’investimento aumenta considerevolmente.
STABILITY BIAS (RISK AVERSION, ANCHORING, SUNK COST, STATUS QUO)
Risk Aversion
Gran parte della tipica avversione al rischio legata a piccoli investimenti può essere attribuita a una combinazione di due pregiudizi comportamentali ben documentati. Il primo è l’avversione alla perdita (Loss Aversion) , un fenomeno in cui le persone temono le perdite più di quanto valgano i guadagni equivalenti. Il secondo è l’inquadratura ristretta (Narrow framing), in cui le persone valutano i potenziali rischi come se ci fosse un solo potenziale risultato – simile a lanciare una moneta solo una volta – invece di visualizzarli come parte di un più ampio portafoglio di risultati – simile a lanciare 50 monete (per questa ricerca Daniel Kahneman nel 2002 ha ricevuto il Premio Nobel in Economia)
Tecniche di debias
Le organizzazioni avverse al rischio spesso scartano progetti interessanti prima che qualcuno le proponga formalmente. Per incoraggiare manager e senior executive a esplorare idee innovative al di là della comfort zone, i senior executive potrebbero regolarmente chiedere ai collaboratori
- idee di progetto che sono rischiose ma hanno alti rendimenti potenziali
- presentare ogni raccomandazione di investimento con una versione più rischiosa dello stesso progetto con un rialzo o un’alternativa
- progetto che includa una serie di scenari o risultati che contemplino sia il fallimento che un grande successo. Ciò consentirà ai valutatori del progetto di comprendere meglio il loro valore potenziale e le loro fonti di rischio
Anchoring
L’impatto decisivo che un’idea iniziale o un numero ha sulla successiva conversazione strategica. (Ad esempio, i numeri dell’anno scorso sono un’ancora implicita ma estremamente potente in qualsiasi revisione del budget).
Tecniche di debias
Per disancorare le persone si effettuano valutazioni di scenari: best e worst case
Sunk-cost fallacy
Sono tutti gli investimenti che hai fatto in precedenza e che non sono più recuperabili. Continuare ad insistere su un business piuttosto che disinvestire.
Tecniche di Debias
Ridurre drasticamente il budget oppure azzerarlo sembra promettente, secondo l’esperienza McKinsey. Le aziende usano questo approccio solo quando sono in gravi difficoltà.
Status Quo
Preferenza a stare nella comfort zone in assenza di pressioni al cambiamento
Tecniche di Debias
Un modo per aiutare le persone/organizzazioni a scuotere le cose è quello di stabilire obiettivi impossibili da ottenere attraverso “business as usual”. Un’alternativa è iniziare riducendo il budget di ciascuna business unit o divisione di una percentuale fissa (ad esempio 10-15%). Le scelte difficili che ne derivano facilitano la ridistribuzione delle risorse verso opportunità più preziose. Infine, allocazioni di budget impegnative a un livello più granulare possono aiutare le aziende a ridefinire i propri investimenti.
SOCIAL INFLUENCE (GROUPTHINK)
I social bias sono talvolta interpretati come politica aziendale, ma in realtà sono tendenze umane radicate. Anche quando nulla è in gioco, tendiamo a conformarci alle opinioni dominanti del gruppo al quale apparteniamo (e del suo leader). Molte organizzazioni aggravano queste tendenze a causa sia delle forti culture aziendali sia degli incentivi a conformarsi. L’assenza di dissenso è un forte segnale di avvertimento.
Groupthink è la pratica di pensare o prendere decisioni come gruppo e questo scoraggia la creatività o la responsabilità individuale.
Tecniche di Debias
Ascoltare le opinioni diverse. Il vero dibattito richiede diversità nel background e personalità dei decisori, un clima di fiducia e una cultura in cui le discussioni vengono spersonalizzate.
LA SOLUZIONE
Lo sforzo cognitivo individuale non è sufficiente. Bisogna coltivare una cultura a livello di organizzazione in cui le persone continuamente ricordano l’un l’altro che l’impostazione predefinita del cervello è egocentrica e che a volte rimanere bloccati in una convinzione, basata sulla propria esperienza e percezione della realtà, è l’unica verità oggettiva e che le decisioni migliori verranno prese facendo un passo indietro cercando una più ampia varietà di prospettive (alternative) e punti di vista.
I PREGIUDIZI NON DEVONO INFLUENZARE LE DECISIONI ED È PER QUESTO CHE BISOGNA PROGETTARE, PER TEMPO, PROCESSI E BUONE PRATICHE, POICHÉ RIDUCENDO I PREGIUDIZI INUTILI, CHE OGGI SONO AL CENTRO DI MOLTE SFIDE ORGANIZZATIVE, NON SOLO SI RIDUCE IL RISCHIO DI PERDITE CATASTROFICHE MA SIGNIFICA RIDEFINIRE COSA VUOL DIRE PER UN’ORGANIZZAZIONE VINCERE.
Anche questo è #LeanDecisionQuality