Le soluzioni contro la cecità delle PMI e delle società di consulenza

Le PMI, e non solo, sono soggette molto più che in passato alla spinta a “gestire la strategia” da parte del contesto dei mercati in cui operano. Avere una strategia diventa un fattore chiave per la sopravvivenza, la crescita e la prosperità dell’attività in conseguenza della contrazione della vita media dei prodotti legata alla progressiva globalizzazione, le mutate e più elaborate abitudini di acquisto dei consumatori, l’avvento di Internet e il crescente potere dei sistemi distributivi. Elementi a cui vanno a sommarsi fattori quali l’instabilità degli scenari commerciali, la necessità di farsi contaminare dalle tecnologie digitali, le difficoltà nel reperire risorse finanziarie per lo sviluppo.

All’interno dello scenario appena disegnato, emergono due tipologie di PMI.

La prima è governata da modelli mentali limitanti dell’imprenditore e dei suoi collaboratori, che si “adagiano” nella consuetudine, dove le scelte sono guidate da “meccanismi imitativi” e le decisioni strategiche affidate alla pratica consolidata, nella convinzione che ciò che ha funzionato in passato o per un concorrente rappresenta un modello sempre valido. Le ambizioni dell’imprenditore sono limitate e l’orientamento prevalente è “pensare e agire” nel breve periodo. La frase ricorrente, che connota la storia aziendale è: “abbiamo fatto sempre così”.  Questo può forse consentire ad un’azienda di sopravvivere, ma non di crescere.

Altra caratteristica è il modello mentale dell’imprenditore e dei suoi familiari restii a mettere in discussione i propri convincimenti (presunzione e supponenza) sulle prospettive aziendali, sul gap che esiste tra strategia strutturata e strategia realizzata, con conseguente adeguamento della struttura interna, in termini di risorse finanziarie ed umane che vincola lo sviluppo del progetto imprenditoriale. L’attività di analisi e formulazione delle strategie avviene in modo inconsapevole, per lo più guidata dalle intuizioni dell’imprenditore. Le decisioni sono spesso orientate alla risoluzione di problematiche emergenti, come ad esempio l’investimento in un nuovo impianto o macchinario, far fronte ad uno stato di crisi.

In simili contesti si manifesta una scarsità o carenza di risorse finanziarie da dedicare alla acquisizione di informazioni e conoscenze e alla scarsa capacità di elaborazione ed interpretazione dei dati interni e dati esterni sulle opportunità da cogliere, oltre alla scarsa cultura riservata alla formazione del personale.

L’ultimo e il più pericoloso degli elementi che caratterizzano questo tipo di contesto d’impresa è la certezza dell’ indubbia validità dell’attività imprenditoriale. Convinzione legittimata dai risultati nel breve periodo, che portano l’imprenditore ad adagiarsi e ad avere atteggiamenti conservativi, che non permettono di esplorare nuove opportunità, nuovi percorsi di innovazione digitale, di processo o di prodotto/servizio e che, presto o tardi, porta al declino della formula imprenditoriale.

La seconda tipologia di imprese è governata da imprenditori illuminati e da collaboratori che operano all’unisono per tradurre obiettivi e scelte in un effettivo posizionamento, assetto organizzativo e in determinate performance economico-finanziarie, competitive e sociali. Un ambiente che si contraddistingue per l’ apertura mentale al “cambiamento” e la propensione ad adeguare le intenzioni strategiche alle mutate condizioni del contesto, provocando deliberatamente un gap tale da mantenere elevati il livello motivazionale e la tensione al cambiamento dell’intera organizzazione.  In questo tipo di attività aziendale, il grado di innovazione realizzato all’interno della struttura viene valorizzato, favorendo la competitività sul mercato e lo sviluppo di nuove opportunità.

La possibilità di avvalersi di formazione altamente specializzante, rappresenta una significativa risorsa per l’imprenditore e il gruppo dirigenziale. Un elemento chiave che consente di mettere in discussione i propri convincimenti di fondo, sfidare i propri modelli mentali, sviluppare la capacità di apprendere dai propri successi e dai propri errori ed essere completamente aperto al “cambiamento”.

I valori, le ambizioni, i modelli mentali dell’imprenditore e dei suoi collaboratori, dove i processi di strategic management funzionano efficacemente, sono “le differenze che fanno la differenza”.

La maggior parte delle aziende lavorano per il 90-95% sull’ operatività e il 5-10% sulle decisioni tattiche (come deve essere fatto un prodotto/servizio, quali canali utilizzare, come fare il piano di comunicazione), ma solo pochi danno importanza alle “decisioni strategiche lavorando su cosa essere e diventare e come posizionarsi efficacemente sul mercato per differenziarsi e crescere.

Le imprese per avere successo nel lungo termine devono rafforzare il processo di formulazione delle strategie definendone un valido posizionamento all’interno del settore di appartenenza. Per ottenere e consolidare il proprio vantaggio competitivo, l’impresa deve saper analizzare il target clienti,  individuare i fattori critici di successo e verificare, al proprio interno, di avere risorse e competenze per indirizzare il target.

Affinchè le aziende, la Pubblica Amministrazione, i Liberi Professionisti possano crescere e differenziarsi bisogna promuovere lo sviluppo di competenze di Strategic Management, attraverso un approccio razionale, che sappia sfruttare l’esperienza e l’intuizione senza esserne “schiavo”, che consenta di mettere in discussione lo stato delle cose tramite l’utilizzo di processi, metodologie strutturate e strumenti analitici, nella convinzione che le imprese, per avere continuità di successo, debbano perseguire un corretto equilibrio tra innovazione e consolidamento.

Una sfida non da poco, se si considera quanto la gestione operativa possa sottrarre spazio alla “riflessione” strategica, per favorire lo sviluppo di abilità e capacità e stimolare il miglioramento dei processi e dei meccanismi aziendali, aumentandone le probabilità di successo.

Il cambiamento può spaventare….ma è spesso la chiave del successo

La mancanza di competenze in strategic management delle piccole e medie imprese e dei liberi professionisti sono da imputare a due fattori/attori:

  1. scarsa cultura del vertice aziendale di come gestire l’azienda in modo professionale e strutturato
  2. top società di consulenza che non sono interessate a somministrare queste competenze ad un target con basso budget di spesa

Riteniamo che il “cambiamento culturale” debba avvenire in entrambi gli attori: i primi devono puntare sull’ innovazione culturale e nella gestione aziendale, i secondi dovrebbero imparare a sperimentare, senza essere intrappolati in pensieri limitanti, testando nuovi modelli di business per coglierne l’opportunità.

rischi a cui sono soggetti le PMI e i Liberi Professionisti sono di fatto paragonabili o forse superiori a quelli delle grandi aziende, se si considerano le dovute proporzioni, e gli investimenti in termini percentuali sul fatturato. Le decisioni sbagliate su investimenti in grandi aziende apportano riduzioni di profittabilità, mentre nella PMI possono decretare la chiusura.

Per questo motivo è importante somministrare competenze di Strategic Management, strumenti e metodologie per gestire PMI, liberi professionisti, Amministrazioni Locali, Scuole ed Università in modo strutturato e con una pianificazione di medio lungo termine, perché questo permette di generare valore finanziario, sviluppo del capitale umano e sviluppo per il paese.

Quello che sogno è un’Italia, un mondo dove ci sia più Vision e Consapevolezza, si, più Vision & Consapevolezza di chi essere e diventare (avere uno scopo ben preciso e portarlo avanti fino in fondo). Di saper valorizzare i talenti e promuovere la meritocrazia nelle organizzazioni, del rispetto e della diversità di razza e di pensiero. Il pensare per il bene comune e non per puro egoismo. La crescita aziendale non passa solo dal mero profitto, ma soprattutto dai valori.

L’imprenditore deve costruire l’azienda su un scopo, identificandone i valori e l’identità aziendale per avere un impatto sociale. Solo in questo modo l’organizzazione è pronta a dare il meglio di sè, se motivata ed allineata su un chiaro obiettivo aziendale.

Un esempio potrebbe essere il seguente: un’azienda ha avuto l’incarico di costruire una cattedrale. L’obiettivo aziendale è coinvolgere ogni persona, a tutti i livelli aziendali, su un unico obiettivo. Quindi il management deve coinvolgere, motivare e valorizzare ogni risorsa affinchè ognuna possa partecipare con il massimo della motivazione. Anche gli operai, in questo caso, che si alzano presto la mattina per andare al lavoro, non dicono “devo andare a costruire un muro” ma sto andando a dare il mio contributo per “costruire la cattedrale più bella di sempre”.

Se si hanno gli strumenti adatti di strategic e change management si può cambiare il corso delle cose, della vita delle persone, di una azienda, di una società, del mondo dove viviamo… basta solo volerlo.

Tutto parte dalla Vision…la prima domanda da farsi è perché sto facendo quello che sto facendo e la seconda è per Chi

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